Riflessioni

Certi processi non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano

Prendendo in considerazione solo l’ultima settimana: sono state riaperte le indagini per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007; la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione a favore dell’ex comandante della Stazione Carabinieri di Arce Franco Mottola e di suo figlio Marco disponendo un nuovo processo per l’omicidio di Serena Mollicone, uccisa ad Arce il 1 giugno 2001; la stessa Cassazione ha disposto un nuovo processo a carico di Gabriel Natale Hjorth, complice di Elder Finnegan Lee nell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, avvenuto a Roma il 26 luglio 2019.

E’ evidente che questo continuo riaprire processi, che spesso sono durati anni, oltre a comportare un pesante carico emotivo per i familiari delle vittime e un impiego enorme di risorse finanziarie (o lo vogliamo chiamare spreco di denaro pubblico?) rappresenta anche l’ulteriore prova del cattivo funzionamento della giustizia in Italia.

La Corte di Cassazione ormai somiglia sempre di più alla VAR (Video Assistant Referee) nel gioco del calcio, chiamata a giudicare sulla correttezza delle scelte degli arbitri (rectius: Tribunali e Corti d’Assise) sulla base di cavillosi e spesso incomprensibili criteri. Così come alcune Procure sembrano appassionarsi più ai Cold Case che alle migliaia di procedimenti aperti che rischiano la prescrizione.

Così accade che alcuni processi diventano come quegli amori che cantava Antonello Venditti, quelli che ” … non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”.

E pensare che una volta eravamo la patria del diritto. O almeno credevamo di esserlo.

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